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LETTERE DAL LAOS di Simone Mariotti

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Donne akha a Muang Sing

Droga, guerra e occidente: trasformare l'oro in fieno

Muang Sing, Laos, settembre 2008.
Non mi ricordo il suo nome né quello della sua amica. Il suo mi pare fosse qualcosa come Slatah, chiamiamola così. Era una donnetta della tribù degli akha, sulla cinquantina credo, ma ne poteva avere anche dieci di meno. Viso simpaticissimo, caciarona, tutta collanine, braccialetti e pezze varie, un misto di mercanzia colorata che teneva un po' nella sua borsa e un po' in un cesto che la sua amica portava come uno zaino, ma che invece degli spallacci aveva una sola fascia che si faceva passare attorno alla testa, reclinata, mentre il cesto poggiava sulla schiena.

Muang Sing è uno degli ultimi avamposti del Laos settentrionale a una manciata di chilometri dalla Cina. Poche strade, quasi tutte sterrate, pochissima gente. Una valle silenziosa, bellissima, con tanti campi coltivati, circondata dalle foreste e dalle colline, luogo di incontro per le tante tribù delle zona. L'unico posto con un po' di animazione era il mercato. Era un vasto spiazzo che conteneva al centro una semplice struttura al cui interno i contadini vendevano i propri prodotti, mentre attorno arrivavano i camioncini diretti nelle varie parti della provincia e i tuk-tuk. Anche io ero arrivato lì da Luang Nam Tha con uno di quelli, dopo quasi due ore di estenuanti sballottamenti, in compagnia di una coppia di promessi sposi brasiliani e di un loro amico arrivato da Londra, ma anche lui di San Paolo, che li aveva incrociati nel loro lungo ''viaggio pre nuziale'' per una settimana.

Dal mercato, Slatah ci aveva portati al suo villaggio. Mentre lei ci cucinava del riso rosso con erbe e uova, il marito aveva accuratamente preparato la parte della capanna/palafitta adibita all'oppio. A turno ci siamo distesi, girati su un lato con le gambe leggermente piegate, con lui che dava fuoco alla pipa mentre il fumatore tirava. Niente di forte, poco meno che bere un paio di grappini in più oltre il consentito.
Fumare oppio in un villaggio ahka non è che sia l'esperienza più trascendentale che ti può capitare. Nel nord della Thailandia è facile trovare anche le cartoline con un fumatore d'oppio, tanto è culturalmente diffusa la vietatissima pratica. E' curioso, ma la cosa più impressionante sono i bambini, specialmente le bambine, che girano per i villaggi con le loro saccocce piene di marijuana che ti offrono a pugnate come se fosse rucola.

Tutto è ufficialmente proibito, ovviamente. Il marito di Slatah non voleva che gli facessimo delle foto sul ''luogo del delitto'', ma non è che fosse esattamente terrorizzato. Lui diceva di non essere un coltivatore di papaveri, che quella che fumava era roba di amici, che non commerciava, e in effetti per la nostra piccola fumata ci chiese solo un dollaro a pipa, lo stesso prezzo del pasto che avevamo fatto al mercato. Ci disse che i campi veri erano oltre le colline, ma che quello che coltivavano là non restava mai in loco, se non quello necessario a tenere su i contadini. La marijuana invece abbonda sempre, ma con quella si fanno pochi ''affari internazionali''.

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Dati del viaggio

Droga, guerra e occidente: trasformare l'oro in fieno

Destinazione: Lettere dal Laos

Passaporto turistico

Simone Mariotti

Professione:
Promotore finanziario

Simone, classe 1970, riminese, dopo anni passati ad assistere persone che volevano far fruttare i propri risparmi, ha iniziato a scrivere su argomenti di finanza. Ha pubblicato un libro sulla storia della speculazione e il moderno mondo del risparmio dal titolo "Liberi si nasce" e "L'investitore libero". Ambientalista attivo, di ritorno da un lungo viaggio nel Borneo, ha raccontato la sua esperienza nel testo "Non dite a Sandokan che sono stato qui".

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