KYOTO EST - NANZEN-JI - interni

Foto Giappone
KYOTO EST. NANZEN-IN - giardino di passaggio con stagno: l'ingresso nei pressi del tempio
KYOTO EST. NANZEN-IN - giardino di passaggio con stagno, periodo Kamakura
NANZEN-IN. Giardino di passaggio con stagno a forma di cuore
KYOTO EST. NANZEN-IN - dal sentiero oltre lo stagno osserviamo il tempio: si nota l'alto tetto in paglia
NANZEN-IN. Giardino di passaggio con stagno: le pietre formano sponde e isole rocciose
KYOTO EST. NANZEN-IN - giardino di passaggio con stagno: particolare di una composizione di pietre, piante acquatiche, muschi
KYOTO EST. NANZEN-JI - karesansui (giardino secco), capolavoro del primo periodo Edo, esemplifica lo stile del Tempio Zen
NANZEN-JI. Karesansui (giardino secco), periodo Edo
KYOTO EST . NANZEN-JI - sala da pranzo
KYOTO EST. NANZEN-JI - interni

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KYOTO ESTFoto 260 di 668
KYOTO EST - NANZEN-JI - interni
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NANZEN-JI - interni
In questo interno è evidente lo sforzo intellettuale e spirituale volto al processo di semplificazione, al fine di eliminare tutto ciò che non è essenziale in omaggio alla bellezza delle cose umili, poco appariscenti e modeste. E' altresì evidente la ricerca di ampiezza e spaziosità in spazi volutamente piccoli, mentre l'uso di materiali leggeri, fragili, temporanei rimanda a valori eterni. Per queste ragioni e per l'assoluta semplicità e minimalismo dell'estetica giapponese, da sempre il Giappone ha influenzato gli architetti sdi tutto il mondo a partire dalla fine dell'Ottocento in poi. Primo fra tutti Frank Lloyd Wright, che vive a Tokyo dal 1918 al 1922, descrive così il suo incontro con la cultura nipponica: "Durante gli ultimi anni trascorsi nell'officina di Oak Park, le stampe giapponesi mi avevano attratto e mi erano state di grande insegnamento. L'eliminazione dell'insignificante, il processo di semplificazione nel quale ero io stesso già impegnato, trovarono una conferma in quelle stampe. E da quando scoprii la bellezza delle sue stampe il Giappone esercitò sempre su di me un intenso richiamo. In seguito constatai che l'arte e l'architettura giapponesi avevano davvero un carattere organico. L'arte dei giapponesi era più vicina alla terra, era un prodotto più autonomo di più autoctone condizioni di vita e di lavoro, quindi a mio avviso si accostava al moderno assai più che con l'arte di qualsiasi altra civiltà europea o tramontata".

L'interno dell'abitazione e del tempio non è concepito per proteggersi dalla natura ma per integrarsi con essa in piena armonia ed equilibrio. I monaci del Buddhismo zen nei periodi Muromachi e Momoyama hanno così ben espresso e formulato questo ideale che l'intera società giapponese aspira a seguirlo. Il risultato sono ambienti che sembrano parlare allo spirito e infondere calma ed equilibrio.
Minimalismo e semplicità sono le caratteristiche che la filosofia zen ha trasmesso ai tradizionali interni giapponesi. Questo effetto si raggiunge attraverso il ritmo delle superfici verticali e orizzontali accostati a materiali e colori naturali.
Gli shoji, i pannelli mobili che formano le pareti interne ed esterne, vengono rimossi in estate per far entrare la brezza e godere della vista del giardino, facendo della casa una sorta di tenda, un padiglione in stretto rapporto con la natura e le stagioni; dalle ampie finestre infatti il giardino sembra penetrare all'interno dell'edificio, creando con esso un rapporto diretto.

In questo interno si riconoscono alcuni elementi caratteristici della casa tradizionale giapponese:
- tokonoma, un'alcova posta in una stanza cerimoniale con pavimento in legno leggermente rialzato, utilizzata per esporre un rotolo dipinto, fiori o ceramiche.
- tatami, le stuoie di dimensioni normalizzate che coprono i pavimenti di una casa
- shoji, le porte scorrevoli in legno e carta che portano all'engawa e che permettono alla luce di filtrare.

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